
Fabrizio Clerici
Fabrizio Clerici
1913-1993 La vita, le opere
1994-2022 La memoria
1913-1993 La vita, le opere
1994-2022 La memoria
1913-1993 La vita, le opere
Nasce a Milano il 15 maggio in via Borgonuovo n. 10, alle 6 del mattino.
È il secondo di tre fratelli ed è battezzato il 25 maggio nella parrocchia di San Marco, con altro nome di Carlo.
La famiglia d’origine e i parenti più prossimi provengono dall’agiata borghesia cattolica e conservatrice, e rappresentano un milieu culturale d’indiscusso rilievo nella sua formazione, poiché il lato più esclusivo della personalità di ciascuno sarà destinato a trasmettersi nei gusti e nelle attitudini di Fabrizio Clerici.
Il padre Luigi Clerici, chiamato Gino “audace industriale milanese” come lo definì Roberto Papini[1], era una figura singolare nella Roma degli anni venti: prese iniziative nel campo sociale, facendosi promotore dell’opera di bonifica delle Paludi Pontine per poi ritirarsi subito dopo l’intervento del regime di Mussolini[2]; realizzò l’Albergo degli Ambasciatori in via Veneto, “Il committente era il commendatore Gino Clerici, padre del pittore Fabrizio Clerici” come scrive Jean Clair[3]; progettato dal giovane architetto Marcello Piacentini, arredato da Emilio Vogt, e affrescato da Guido Cadorin nel 1926; frequentò e sostenne l’attività degli scrittori del Gruppo Letterario dei Dieci.
Più che la madre, Maria Bournens Clerici, è la nonna materna Antonietta Bournens Seves a costituire un punto di riferimento di giochi e di stimoli per il piccolo Fabrizio, tanto da essere ritratta nel 1936 in suoi vari disegni. Il bisnonno era stato invece un noto personaggio per aver introdotto in Lombardia il sistema metrico decimale.
Ma anche sul versante della famiglia paterna spiccano figure un po’ insolite: il nonno Francesco, che era ingegnere, illustrò con trenta acquerelli due volumi sulla vita delle api, dopo estenuanti osservazioni al microscopio che gli indebolirono gravemente la vista; aveva due fratelli che Fabrizio non conobbe direttamente: Carlo che lavorava come collezionista e antiquario a Milano (la sua collezione ricca di disegni, stampe e oggetti curiosi fu venduta all’asta nel 1915) e Giovanni che era architetto, amico di Luigi Cagnòla, e maniacale collezionista di libri rari.
1917
“Il primo chiaro ricordo della mia infanzia è un ricordo d’asilo. Innanzi a me una grande lavagna su cui, con un solo tratto di gesso, disegno un sottomarino. Alla mia sinistra la maestra che segue la minuscola mano via via che il disegno si forma. È quasi commossa – dai banchi escono gli altri bambini e formano una corona attorno a me e alla maestra. Tutti sono muti quasi che assistere al mio primo disegno significasse vegliare un moribondo. Nasceva così, nel 1917, sull’oscura superficie d’una lavagna scolastica l’immagine numero uno della mia fantasia. Avevo allora quattro anni. Non posso ricordare né giorno né mese di quel 1917, ma di quell’asilo, di quell’aula, della luce che filtrava attraverso una finestra ho precisa nella mente ogni traccia, ogni dettaglio. Nella via Manzoni a Milano. Lateralmente al Palazzo del Principe di Molfetta, o forse in un’ala di quel medesimo palazzo a piano terreno, era l’asilo Salvoni; del quale sto parlando”.[4]
1919
Il padre acquista un’abbazia a Montelabate, in Umbria, dove si trasferisce temporaneamente con tutta la famiglia. Per il bambino si tratta della prima rivelazione di certe immagini sontuose e terrifiche della morte. In seguito ad alcuni lavori nella chiesa, resta, infatti, colpito dagli scheletri dei Cappuccini con il cuscino rosso sotto il cranio che si potevano vedere sollevando le botole del pavimento della cripta. Trascorre dei lunghi periodi nella casa della nonna in Brianza, dove ammira nella biblioteca del nonno, una stampa a colori dell’ingegnere e geografo Claude Perrault, raffigurante un Tableau Pittoresque des Merveilles de la Nature. Luigi Clerici, con mille azioni, entra nella S.A.B.P. Società Anonima Bonifiche Pontine.
1920
I Clerici si trasferiscono a Roma e Fabrizio compie brevi soggiorni a Fogliano, nella zona del Monte Circeo, in una tenuta Caetani dove il padre, occupato nei lavori di bonifica, accoglie ospiti illustri, come Giacomo Puccini, lo scopritore della malaria Giovanni Battista Grassi e Giovanni Amendola. Molte personalità lasciarono la loro firma sul cosiddetto “album di Fogliano”. Le stagioni trascorse al Circeo costituiscono un bel periodo per Fabrizio; passa le ore nella leggendaria grotta della maga Circe, assiste a fenomeni ottici inconsueti come la Fata Morgana, gioca con i compagni imitando le gesta di Ulisse.
1921-1927
Fabrizio è iscritto alle scuole elementari dell’Istituto Massimo dei Padri Gesuiti a piazza delle Terme a Roma. Gli anni della scuola, fino al 1928, gli sono angosciosi e monotoni. Scontroso e timido, non lega con i suoi coetanei della ricca nobiltà romana ma ottiene comunque l’opportunità, assieme a suo fratello maggiore Gustavo, di entrare a far parte dei paggi di San Luigi Gonzaga. In seguito alla scoperta della tomba di Tutankhamon, decide di organizzare nel 1922 un piccolo archivio di ritagli stampa, raccogliendo immagini e notizie sulle campagne di scavi archeologici di Howard Carter nella valle dei Re, in Egitto.
È avviato al disegno dal vero dal pittore Fausto Vagnetti, che frequenta la sua famiglia e che lo indirizza verso lo studio dei disegni degli antichi maestri. Nel “album delle firme” citato appare un disegno di Vagnetti del 1928 rappresentante un frate.
1927-1928
Il padre acquista da Maria Hardouin d’Annunzio dei duchi di Gallese, moglie di Gabriele d’Annunzio, una casa a Colonna di Roma con, sulla terrazza, copie di celebri marmi greco romani. Nell’ufficio degli impiegati del padre, responsabile anche dell’Istituto dei Fondi Rustici, Fabrizio resta colpito da un bassorilievo raffigurante Antinoo, opera di Antonianos di Afrodisia, scoperto casualmente in un terreno di proprietà dell’Istituto dei Fondi Rustici, lo stesso di cui parla Marguerite Yourcenar nei “Taccuini di appunti” delle Memorie di Adriano. In estate compie un primo viaggio a Napoli con la nonna Antonietta; visita il Vomero, Capri, il Vesuvio e i Campi Flegrei. Dal ricordo di questa esperienza nasce la prima parte dei Quaderni del Vomero, disegni a matita eseguiti perlopiù fra il 1936 e il 1939, che hanno come temi prevalenti figure fantastiche, conchiglie, ritratti realizzati a memoria.
1929
In estate, in compagnia dello zio Piero Massimini, dei cugini e di altri parenti, e con l’archeologo Alessandro della Seta, compie un viaggio di due settimane in crociera visitando Atene, Costantinopoli e il Bosforo: le cui antiche costruzioni in legno saranno fonte d’ispirazione, anni dopo, di alcune tavole del Taccuino orientale. Contro il desiderio della famiglia si iscrive in autunno al Regio Liceo Artistico annesso all’Accademia di Belle Arti di via Ripetta.
1930-1931
Una grave crisi sconvolge iClerici: il padre Luigi, inviso al regime fascista, subisce da quest’anno una serie di processi ed è costretto a emigrare in Brasile; il solido nucleo familiare è obbligato a dividersi e a partire forzatamente permete diverse, il patrimonio viene disperso. Inesorabilmente sopraggiungono gravi difficoltà economiche. Fabrizio si trasferisce con lamadre, la nonna e i fratelli aMilano, dove completa gli studi al Regio Liceo Artistico. A partire da questo anno e fino al 1931 compie lunghi soggiorni in solitudine nella residenza di Monasterolo, a Vaprio d’Adda, in provincia diMilano, nella Villa Castelbarco che era stata proprietà dei suoi parenti Massimini.
1932-1935
Torna a Roma e si iscrive alla Regia Scuola Superiore di Architettura dell’Università La Sapienza.
Simantiene autonomamente, anche grazie all’offerta del pittore triestino Bruno Croatto che gli propone di illustrare trattati di anatomia; frequenta così i giovani chirurghi Vittorio Vanni e Pietro Valdoni, il quale gli passa appunti e fotografie, facendolo assistere a qualche intervento ospedaliero.
Non manca di assistere alle conferenze tenute al Circolo Artistico da Le Corbusier. Intanto Roberto Papini, amico di famiglia, che allora dirige la Galleria Nazionale d’Arte Moderna, gli mostra i primi libri d’arte illustrati.
1936
Collabora con l’architetto Gio Ponti per la Mostra della stampa cattolica nella Città del Vaticano.
Incontra a Roma Anna Laetitia Pecci Blunt, collezionista e mecenate che acquista sue opere e che sovente lo invita nella sua residenza di Marlia, nei dintorni di Lucca, con Salvador Dalí e Gala. Attraverso Libero De Libero, poeta e direttore della Galleria La Cometa, conosce Alberto Savinio alla Birreria Dreher di piazza Santi Apostoli. Nasce tra i due un’intensa e lunga amicizia, suggellata nel libro Ascolto il tuo cuore, città[5]. Legge la rivista surrealista “Minotaure”, di cui colleziona dodici numeri, e resta affascinato dalla lettura di alcuni versi di Jean Cocteau apparsi sulla rivista “Le Roseau d’Or. OEuvres et Chroniques” in una rara edizione parigina di anni prima; l’incontro tra i due artisti si realizzerà vent’anni dopo.
1937
Dalla Fondazione Mario Palanti riceve, in giugno, una borsa di studio per ultimare gli studi universitari.
Il 15 novembre si laurea in architettura con 110/110 con una tesi su La sistemazione del Palazzo del Cinema al Lido di Venezia. Alcune tavole di un altro progetto, Casa sul Canal Grande a Venezia, saranno pubblicate nel gennaio 1941 sulla rivista “Lo Stile”.
Intanto Marcello Piacentini lo invita a lavorare con lui al Palazzo di Giustizia di Milano. A Milano abita in un piccolo studio di via Borgospesso 18, descritto da Raffaele Carrieri e Leonardo Sinisgalli come un luogo stipato fino all’inverosimile di carte, libri, oggetti curiosi, collezioni di conchiglie, fossili e farfalle. Permantenersi scrive alcuni articoli per “Tempo” di Arnoldo Mondadori. Frequenta Gio Ponti, Bruno Zevi, Carlo Pagani, PietroMaria Bardi, Lina Bo, Carla Marzoli, Bruno Pontecorvo.
1938
A Milano incontra Giorgio de Chirico che lo incoraggia nel disegno e lo intrattiene sulle tecniche pittoriche, in particolare sulla pittura a tempera.
De Chirico ammirerà molto un suo disegno rappresentante San Giovanni Nepomuceno, appena terminato, e ispirato alla testa di San Filippo apostolo del 1516 di Albrecht Dürer, conservato alla Galleria degli Uffizi di Firenze. Fabrizio ottiene il dottorato presso il Politecnico di Milano. Restaura l’appartamento del commendatore Odorico dal Fabbro. In marzo abbandona la collaborazione con Piacentini per andare sotto le armi, e a causa della guerra resterà in servizio sino al 1945, pur rimanendo a Milano. Sottotenente dell’aeronautica all’aeroporto di Sesto Calende, in provincia di Varese, è assegnato a creare trincee.
Nel tempo libero disegna di continuo e frequenta soprattutto Savinio. In agosto è trasferito all’aeroporto di Pisa – San Giusto e lì disegna un Autoritratto.
1939
A distanza di pochi mesi l’uno dall’altra muoiono il padre e la nonna. In febbraio e marzo escono due suoi articoli sul quindicinale “Corrente di Vita Giovanile”.
Intanto prende avvio lentamente l’attività con l’ingegnere Gaetano Ficara, già compagno di scuola e d’armi, per organizzare uno studio di architettura.
Si reca a Settignano, frazione del comune di Firenze, dove visita lo storico dell’arte Bernard Berenson nella Villa I Tatti; nasce da questo incontro una duratura frequentazione di cui Clerici ricorderà episodi rilevanti in un articolo pubblicato nel 1986 sul “Messaggero”. Dal 1939 al 1940 è redattore di architettura per il settimanale “Tempo”.
1940
In aprile, per il suo allestimento alla VII Triennale di Milano, nella “Sezione pizzo e ricamo moderno”, riceve un premio e viene segnalato su “Domus” da Gio Ponti per l’impronta ironica, di voluto distacco dallo stile razionalista allora dominante. In mostra compare un mobile su suo progetto, dipinto a trompe-l’oeil da Gregorio Sciltian per la casa editrice di Arnoldo Mondadori, riprodotto in “Lo Stile” e distrutto poi durante i bombardamenti su Milano nel 1943.
Suoi disegni sono tradotti in merletti dalla ditta di Michelangelo Jesurum di Venezia, esposti alla VII Triennale e pubblicati nel volume Fili d’oro, Editoriale Domus, 1951. Disegna una serie di tavoli realizzati con marmi vari. Da giugno è richiamato alle armi quale sottotenente nel genio aeronautico. Sistema l’appartamento di Alberto e Giorgio Mondadori a Milano. Frequenta Filippo de Pisis con il quale scambia vari disegni. Su effetti illusionistici e trompe-l’oeil verterà un suo studio, in seguito pubblicato nel 1954 sulla rivista americana “Art News Annual”. A Milano frequenta Giorgio de Chirico e Carla Marzoli che, grazie allo scrittore Raffaele Carrieri, aveva creato la casa editrice La Chimera. In dicembre la rivista “Domus” pubblica tre sue acqueforti con un testo di Leonardo Sinisgalli.
1941
A Milano abita in via Santo Spirito 24. Le Edizioni della Chimera pubblicano Bestiario, un volume di Leoncillo Leonardi con venti litografie di Clerici e prefazione di Raffaele Carrieri; l’anno successivo le litografie ricevono giudizi lusinghieri dalle recensioni di Leonardo Sinisgalli e Libero De Libero.
Avvia un ciclo di disegni raffiguranti cardinali e monsignori che esporrà nel 1943 nella mostra personale alla Galleria Cairola.
Pubblica articoli sulla rivista “Lo Stile”, con cui collaborava già negli anni precedenti. Con gli architetti Lina Bo e Carlo Pagani ristruttura l’appartamento del commendatore Vittorio Zaffagli a Milano. Avvia la sistemazione della Villa Sartori a San Remo. Progetta una casa a Spalato, progetto pubblicato sulla rivista “Lo Stile”.
1942
Vince il Premio Pizzi alla Triennale di Milano per un gruppo di disegni realizzati a commento del racconto di Nicola Lisi Diario di un parroco di campagna.
In settembre, a Milano, Piero Fornasetti stampa in edizione numerata Dieci litografie di Fabrizio Clerici e uno scritto di Alberto Savinio. La cartella trae ispirazione dai tragici avvenimenti che sconvolgono l’Italia durante la guerra.
1943
A febbraio s’inaugura a Milano la sua prima mostra personale alla Galleria Cairola, presentata in catalogo da Raffaele Carrieri.
Progetta la sistemazione dell’appartamento di Gualtiero Giori e un’altra sistemazione per un appartamento in via Zarotto a Milano su mandato dell’ingegnere Ancarani. In marzo a Roma, alla Galleria Minima “Il Babuino”, sono esposti suoi disegni e litografie con una presentazione in catalogo di Alberto Savinio.
Dopo l’8 settembre abbandona l’esercito e insieme ai fratelli si rifugia, per nove mesi circa, nella casa della nonna materna in Brianza. Grazie a Domenico Mazzocchi e alla rivista “Domus” riesce a ricevere un acconto per una pubblicazione.
1944
Il 25 gennaio firma un progetto per la sistemazione di un appartamento di proprietà di Dino Fagioli in uno stabile di piazza Fiume, angolo via Parini, a Milano.
Presta lo studio di via Santo Spirito 24 al fratello Francesco, promettente ingegnere. Con l’aiuto di Ruggero Orlando rientra a Roma attraverso l’Italia occupata.
Alloggia dapprima in casa di Giorgio de Chirico, pure lui appena giunto a Roma; in seguito Savinio gli procura una stanza in affitto vicino alla sua abitazione in viale Martiri Fascisti (poi viale Bruno Buozzi). Riprende a disegnare e inizia la seconda serie dei Quaderni del Vomero. Incontra Leonor Fini, cui si legherà d’intensa amicizia. L’atmosfera dimagia che segna l’incontro con Leonor sarà ripercorsa da Clerici in un articolo del 1945 pubblicato sulla rivista romana “Quadrante”. Frequenta artisti e letterati, legandosi d’amicizia con Elsa Morante. Sulla rivista “Domus” escono due suoi articoli, su Andrea Palladio e Paolo Veronese a Maser.
1945
A gennaio espone con Savinio in una collettiva a Roma presentata da Mario Praz. Nello stesso mese e in quello successivo escono due suoi articoli su “Quadrante”. Inmarzo, prima mostra americana presentata da Peter Lindamood. Due volumi illustrati dall’artista sono stampati aMilano: Bestiario, favole, facezie di Leonardo da Vinci per le Edizioni Toninelli, e Il fu Mattia Pascal di Pirandello per Arnoldo Mondadori.
1946
La rivista “View”, diretta da Charles Henri Ford, pubblica alcuni disegni di Clerici. Mentre legge e colleziona numeri di “Labyrinthe” pubblicati da Skira tra il 1944 e il 1946, intensifica la sua applicazione a volumi illustrati e al disegno. A febbraio la rivista “Harper’s Bazaar” pubblica due suoi lavori. Boris Kochno acquista un suo disegno a Parigi (nel 1991 l’opera sarà venduta in un’asta di Sotheby’s a Monaco con importanti opere della collezione Kochno). La casa editrice Electa di Milano pubblica la monografia Allegorie dei sensi di Jan Brueghel, frutto di un lungo studio di Clerici sull’opera del figlio di Brueghel il Vecchio.
Alberto Mondadori pubblica Leviathan di Julien Green con illustrazioni dell’artista. In marzo espone un tavolo con piano d’onice intarsiato, con un motivo di nastro in vetro filato, alla Mostra dei capidopera dello studio di Villa Giulia di Enrico Galassi allo Studio d’Arte Palma di Roma. A novembre la Galleria del Naviglio di Milano propone suoi acquerelli. Progetta con l’ingegnere Gaetano Ficara un Atrio del nuovo tabarin sottostante il Cinema Astra a Milano. Progetta e realizza un negozio di abbigliamento in via Montenapoleone a Milano in collaborazione, per le decorazioni, con Piero Fornasetti; il progetto sarà ampiamente recensito da Gio Ponti su “Lo Stile” e pubblicato nel volume di Ulrich Arredatori contemporanei nel 1949. L’anno si chiude con la pubblicazione su “Domus” di un suo articolo sulla scenografia.
1947
È di quest’anno una collaborazione tra Fabrizio Clerici e Lucio Fontana per un progetto di Patio per una casa al mare, di cui Fontana esegue le sculture e Clerici l’allestimento e l’ideazione architettonica per Handicraft Development Inc. in New York. In aprile esordisce come scenografo in La professione della signora Warren di George Bernard Shaw, rappresentata dalla compagnia dell’attrice russa Tatiana Pavlova al Teatro Nuovo di Milano. Soggiorna per un periodo a Catania dove riceve un incarico professionale come architetto, pur continuando a disegnare. Un disegno del 1944 è esposto nella mostra collettiva di New York Handicraft as a Fine Art in Italy. 37 Italian Artists.
1948
È l’anno della sua prima partecipazione alla Biennale di Venezia, e molto del futuro fare dell’artista è dichiarato nelle opere esposte. A Milano inizia a dipingere Il Minotauro accusa pubblicamente sua madre, la prima, di più versioni, che appartiene all’ossessivo ciclo dei Processi, disegni e tempere ove riemerge il drammatico ricordo autobiografico degli anni Trenta. Il dipinto, non terminato e vuoto nella parte centrale della scena, è molto ammirato da Salvador Dalí che, di passaggio a Milano, visita in autunno il suo studio di via Santo Spirito 24. In casa dell’artista Olga Signorelli, sua grande amica, a Roma, in estate, prepara con il coreografo ungherese Aurel M. Milloss lo spettacolo Orpheus, balletto di Igor Stravinskij, in programma a settembre, in prima europea, al Teatro La Fenice di Venezia.
Con Milloss creerà un connubio straordinario nel campo della scenografia legata al balletto. Disegna Fenomeni mesmeriani, omaggio a Franz Anton Mesmer e alle sue tesi sull’attrazione magnetica, osteggiate alla fine del Settecento; replicata in più versioni, l’opera sarà il soggetto di una serie di dipinti del 1974. Una variante coeva compare tra le sedici tavole illustranti L’incubo di James Branch Cabell, pubblicato nel 1949 da Arnoldo Mondadori a Milano. Durante l’anno prepara inoltre le scene e i costumi del balletto di Roland Petit Concerto barocco, spettacolo poi non realizzato.
1949
Clerici si trasferisce definitivamente a Roma, in una casa di due stanze al mezzanino di un palazzo settecentesco in via della Lungarina 65, a Trastevere.
In occasione del Natale dona un disegno ad Anna Magnani, che aveva conosciuto in precedenza e con la quale resterà unito da grande amicizia. Mentre si accosta agli studi scientifici di Athanasius Kircher, alle immagini anamorfiche di Erhard Schön e alle prospettive di Padre Pozzo, già ammirate quando era bambino nella chiesa di Sant’Ignazio, intensifica l’attività di scenografo e costumista. A gennaio è messa in scena l’opera di Henry Purcell Didone ed Enea con scene e costumi di Fabrizio Clerici, coreografia di Milloss e regia di Alberto Lattuada, che Clerici aveva ritratto già nel 1939. A febbraio, per lo stesso regista e per il medesimo teatro, cura l’allestimento del Sacrificio di Lucrezia, tragedia musicata da Benjamin Britten. In giugno si apre a NewYork, al Museum of Modern Art, un’importante rassegna dal titolo Twentieth-Century Italian Art dove Clerici è presente con due opere su carta appartenenti alla collezione di Peter Lindamood. Esegue le scene e i costumi per Incoronazione di Poppea, con musiche di Claudio Monteverdi, in scena a settembre prima al Teatro Olimpico di Vicenza, poi al Teatro La Fenice di Venezia.
Con otto incisioni partecipa in dicembre alla mostra collettiva Italienische Malerei der Gegenwart all’Akademie der Bildenden Künste di Vienna.
Arnoldo Mondadori pubblica L’incubo di Cabell illustrato da sedici tavole eseguite da Clerici l’anno precedente. Per la rivista “Domus” scrive due articoli sullo scenografo Hein Heckroth e sull’architetto Aldo Buzzi, suoi amici.
1950
Per il Minneapolis Institute of Arts progetta e realizza un foyer per un teatro di marionette, recensito su varie riviste e l’anno seguente su “House & Garden”.
Per il Maggio musicale fiorentino crea le scene di Armida conmusiche di Giovanni Battista Lulli, coreografia di Milloss. In ottobre Il Minotauro accusa pubblicamente sua madre figura nell’importante rassegna americana The Pittsburgh International Exhibition of Paintings alCarnegie Institute. Scrive la presentazione per una mostra alla Galleria L’Obelisco di Roma dell’artista russo, suo amico, Pavel Tchelitchew il quale, come Leonid e Eugene Berman, suoi intimi amici, facevano parte con Christian Bérard del gruppo dei pittori neo-romantici e visionari, molto attivi nella Parigi degli anni Trenta. Realizza otto pannelli per La Rinascente a Milano e progetta vari gioielli.
1951
Disegna le scene e i costumi per il balletto di Claudio Monteverdi Combat de Tancrède et Colorinde, allestito in giugno a Strasburgo al Théâtre Municipal e poi, nell’aprile dell’anno successivo, a Napoli al Teatro San Carlo. A dicembre è presente alla VI Quadriennale di Roma. Suoi disegni figurano nella mostra collettiva Italy at Work. Her Renaissance in Design Today al Minneapolis Institute of Arts. Prepara le scene per il balletto romantico in un quadro Visione nostalgica di Milloss, programmato per il Maggio musicale fiorentino. Il diciottenne Domenico Gnoli prende contatto con Fabrizio Clerici e lo va a trovare nel suo studio; Clerici lo sosterrà inviandolo, con lettera di presentazione, dalla sua amica Leonor Fini a Parigi; nel 1954 lo metterà in contatto con Lanfranco Rasponi per una mostra a New York.
1952
Avendo ricevuto, nella primavera del 1948, l’incarico di ristrutturare integralmente il palazzo sul Canal Grande di proprietà della contessa Anna Maria Cicogna Mozzoni Volpi di Misurata, a lato della basilica di Santa Maria della Salute, continua a lavorare nella laboriosa impresa progettandone l’arredo degli interni con elementi in stucco, marmo, mosaico e vetro, creando un pavimento intarsiato e un mobile a trompe l’oeil. Per alcuni aspetti decorativi chiama a collaborare il pittore tedesco Fabius von Gugel e, per le ceramiche e le cariatidi nel giardino, lo scultore Andrea Spadini. Qui inizia il dipinto Venezia senz’acqua, replicato nel tempo attraverso varie versioni; Leonor Fini, di passaggio a Venezia, resta ammirata da quell’opera, tra le prime eseguite con una tecnica a olio magro.
Ultimati i lavori della casa, le riviste “Town & Country” e “Maison & Jardin”, nel icembre 1953, dedicheranno ampi servizi a quegli insoliti arredi. In giugno, prima mostra personale a Parigi alla Galerie Doucet, in Faubourg Saint- Honoré. In visita a Versailles, Clerici ammira, lasciata tra gli sterpi, al ridosso della ferrovia, nel parco del Bassin des Suisses, la statua equestre di Luigi XIV eseguita su bozzetto di Gian Lorenzo Bernini e ha la curiosa idea di trasferirla a Parigi, al centro della Cour Carrée del Louvre. Ne parla con il ministro della Cultura francese André Cornu, il quale, pur dimostrandosi interessato, ritiene utopistica l’impresa. Il progetto originario di Clerici sarà destinato a realizzarsi circa trentasette anni dopo, nel 1989, nell’ambito del riassetto urbanistico del Grand Louvre, con il collocamento di una copia della statua (realizzata nel 1988) di fronte alla piramide disegnata da Pei nella Cour Napoléon. Di questo progetto di Clerici restano un raffinato acquerello, varie foto che lo ritraggono intento a disegnare a Versailles e al Louvre, mentre indica al fotografo l’esatto punto nel quale il gruppo marmoreo dovrebbe essere posto. In dicembre compie, in compagnia di amici, un breve soggiorno in Sicilia ed è colpito dal fasto barocco degli stucchi di Giacomo Serpotta negli oratori palermitani, e dal convento dei Cappuccini con la cripta del XVII secolo a Sàvoca. Avvia così il ciclo delle Confessioni palermitane, realizzate tra il 1952 e il 1954. Progetta bozzetti e figurini per la commedia Viaggio nella luna di Carlo Goldoni, musicata da Paisiello, per il Teatro dell’Opera di Roma, non realizzata.
[1] Roberto Papini, Per gli Ambasciatori d’oggi, in AA.VV., prefazione di U. Ojetti, Ambasciate e Ambasciatori a Roma, Casa editrice d’arte Bestetti & Tumminelli, Milano-Roma 1927.
[2] “Il che avvenne, a onore del vero, con adeguato compenso”. Da una testimonianza scritta da Francesco Clerici, indirizzata a Maurizia Tazartes, op. cit.
[3] Jean Clair, Lo sconosciuto della festa …op. cit.
[4] Fabrizio Clerici, da un manoscritto degli anni trenta. Archivio Fabrizio Clerici.
[5] Bompiani, Milano, 1944. L’esemplare presso l’Archivio Fabrizio Clerici fu donato all’artista da Leonardo Sciascia con dedica: “Per Fabrizio – il Fabrizio di questo libro – il Fabrizio ‘amico stendhaliano’ di Savinio e mio – affettuosamente. Leonardo, Roma 5.3.81”. Già dal 1940 Savinio nomina il suo amico Fabrizio (più giovane di 22 anni: all’epoca del loro incontro, nel 1936, Savinio ne aveva infatti 45 e Clerici 23) in vari suoi scritti.